AGENZIA PROVINCIALE
PER LA RAPPRESENTANZA NEGOZIALE

A seguito della deliberazione della Giunta provinciale n. 1878 di data 12 ottobre 2018, ai sensi della quale l'A.P.Ra.N. è stata autorizzata a sottoscrivere in via definitiva l’accordo integrativo del Contratto collettivo provinciale di lavoro 2016/2018 per il personale del Comparto Autonomie locali con qualifica di direttore della Provincia autonoma di Trento e degli enti strumentali, il giorno ottobre 2018, nella sala riunioni grande al 4° piano del Dipartimento Organizzazione, personale e affari generali in Via G. Grazioli n. 1 – Palazzo Verdi, a Trento, ha avuto luogo l'incontro tra l'Agenzia provinciale per la rappresentanza negoziale, rappresentata da:

prof. Giorgio Bolego, in qualità di Presidente

 

per la delegazione sindacale, dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali:

 

per la C.G.I.L. F.P.                          non firmato

 

per la C.I.S.L. F.P.                          firmato

 

per la DIR.P.A.T.                            firmato

 

per la Fe.N.A.L.T. – Enti Locali         firmato

 

per la QUA.DIR                               firmato

 

 

CONVENGONO E SOTTOSCRIVONO

 

l’accordo integrativo del Contratto collettivo provinciale di lavoro 2016/2018 per il personale del Comparto Autonomie locali con qualifica di direttore della Provincia autonoma di Trento e degli enti strumentali.

 


 

ACCORDO INTEGRATIVO DEL CONTRATTO COLLETTIVO PROVINCIALE DI LAVORO 2016/2018 PER IL PERSONALE DEL COMPARTO AUTONOMIE LOCALI CON QUALIFICA DI DIRETTORE DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO E DEGLI ENTI STRUMENTALI.

 

Art. 1
Campo di applicazione

1. Il presente Accordo integrativo si applica a tutto il personale del comparto di cui all’art. 2, comma 1, punto 2), del D.P.P. n. 44-7/Leg. di data 20.11.2003 e successive modifiche.

Art. 2
Ufficio di Bruxelles

1. All’art. 91 "Ufficio di Bruxelles" del Testo coordinato e modificativo del C.C.P.L. 2002-2005 di data 25 gennaio 2007 del personale con qualifica di direttore della Provincia e degli enti strumentali, il secondo periodo è sostituito dal seguente nuovo periodo:

"Spetta inoltre, ai sensi del comma 2 del citato art. 2, l’indennità prevista per il personale assegnato all’ufficio di Bruxelles dall’art. 19 dell’accordo di settore di data 17 dicembre 2010 del personale dell’area non dirigenziale del Comparto Autonomie locali. Le limitazioni al trattamento di missione previste al comma 3 del medesimo art. 19 operano anche nei confronti del direttore dell’ufficio di Bruxelles fatte salve diverse indicazioni del dirigente generale del dipartimento competente in materia di personale in relazione alla specifica missione di servizio.".

Art. 3
Incremento indennità di posizione per
l’affidamento di incarico aggiuntivo

1. Al direttore al quale sia affidato un ulteriore incarico su ufficio vacante ai sensi dell’art. 34 bis, comma 2, della legge provinciale n. 7/1997 spetta, a decorrere dalla data di conferimento dell’incarico e per la durata dello stesso, un incremento della retribuzione di posizione nella misura determinata dalla Giunta provinciale in relazione all’entità dell’impegno richiesto fino ad un massimo del 40% della retribuzione di posizione della struttura di temporanea copertura.

2. Le disposizioni del presente articolo hanno efficacia dall’entrata in vigore della legge provinciale 2 agosto 2017, n. 9 (Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2017-2019).

Art. 4
Trattamento accessorio per lo svolgimento
delle funzioni di coordinamento art. 16 l.p. n. 2/2015

1. In via transitoria, al personale provinciale incaricato delle funzioni di coordinamento per le azioni interregionali di cooperazione territoriale di cui all’articolo 16 della legge provinciale n. 2/2015 spetta un trattamento accessorio onnicomprensivo, salvo quanto previsto al comma 2, pari ad a.l. € 16.000,00, da liquidare per 12 mensilità.

2. Al personale di cui al comma 1 spetta altresì l’indennità di cui all’art. 120 del C.C.P.L. del personale del Comparto Autonomie locali – area non dirigenziale - di data 1 ottobre 2018 nelle misure e alle condizioni ivi previste nonché la quota "obiettivi generali" del FO.R.E.G..

3. Le disposizioni del presente articolo hanno effetto dall’1 ottobre 2018.

Art. 5
Norme disciplinari

1. L’Allegato 8) "Norme disciplinari" del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25.1.2007, come introdotto dall’Allegato A) dell’Accordo sindacale di data 25 gennaio 2007 e modificato dagli artt. 11, 12 e 13 dell’Accordo stralcio di data 23 dicembre 2016, è sostituito dal nuovo Allegato 8) al presente Accordo.

Art. 6
Disciplina dei viaggi di missione

1. L’Allegato 7) "Regolamentazione dei viaggi di missione" del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25.1.2007 è sostituito, con effetto dall’1 gennaio 2019, dal nuovo Allegato 7) al presente Accordo.

Art. 7
Disciplina della previdenza complementare

1. La parte C "Disciplina della previdenza complementare" dell’Allegato 6) al Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007 è sostituita dalla nuova parte C allegata al presente Accordo.

Art. 8
Formazione

1. All’art. 68 "Formazione" del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007, come integrato dall’art. 4 dell’Accordo di data 30.8.2007, è aggiunto in fine il seguente comma:

"6. L’Ente ha facoltà di richiedere al direttore che partecipa ad iniziative formative con elevati costi di iscrizione il rimborso delle spese sostenute per il corso di formazione in caso di dimissioni anticipate. La durata minima di permanenza in servizio, nonché l’ammontare e la graduazione del rimborso in caso di dimissioni anticipate sono stabilite dall’Amministrazione in relazione al costo dell’iniziativa formativa."

Art. 9
Finanziamento del Fondo per la retribuzione
di posizione e di risultato

1. Il Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato è ulteriormente incrementato per l’ente Provincia, con effetto dall’1.1.2018, per la parte relativa alla retribuzione di risultato, di un importo pari ad euro 144.500,00 (netto oneri).

Art. 10
Permessi retribuiti

1. All’art. 34 "Permessi retribuiti" del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007, come modificato dall’art. 5 dell’Accordo sindacale di data 22.10.2008, il comma 3 è sostituito dal seguente comma:

"3. A domanda del direttore sono concessi, nell'anno, dieci giorni lavorativi di permesso retribuito per gravi motivi personali o familiari, debitamente documentati, dei quali due frazionabili anche ad ore possono essere destinati all’accompagnamento a visite mediche specialistiche di parenti fino al secondo grado e affini di primo grado bisognosi di assistenza e/o di figli minorenni. Rientrano, in via esemplificativa, fra i gravi motivi le assenze dovute ad assistenza ai parenti o affini di primo e secondo grado o conviventi per il ricovero ospedaliero (compreso il day hospital), per l’assistenza domiciliare post-ospedaliera ove venga certificato il bisogno di assistenza, nonché le assenze dovute a casi che siano assimilabili, per caratteri di gravità, a quello menzionato. L’eventuale diniego deve essere motivato per iscritto e la sussistenza di ferie residue non è ostativa alla fruizione da parte del dipendente dei permessi retribuiti regolati da questo comma.".

Art. 11
Tutela della maternità e della paternità

1. L’art. 35 "Tutela della maternità" del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007, come sostituito dall’art. 3 dell’Accordo sindacale di data 22.10.2008, è sostituito dal seguente nuovo:

"Art. 35
Tutela della maternità e della paternità

1. In materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità si applicano il d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, le successive modificazioni, nonché le integrazioni e le specificazioni contenute nei commi che seguono.

2. Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti, anche orari, per l’effettuazione di esami prenatali, corsi preparto organizzati dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari, accertamenti clinici, ovvero visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro.

3. Alle lavoratrici madri o ai padri lavoratori, anche genitori adottivi e affidatari in congedo di maternità o di paternità spetta l’intera retribuzione. I periodi di congedo di maternità o paternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità e alle ferie.

4. Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni non goduti prima del parto si aggiungono al periodo di congedo di maternità post partum, anche qualora la somma dei periodi superi il limite complessivo di cinque mesi.

5. Il padre lavoratore ha diritto a due giorni di permesso retribuito in occasione della nascita del proprio figlio da fruire entro 15 giorni dall’evento.

6. In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la madre ha diritto di chiedere la sospensione del congedo di maternità per il periodo di cui all’articolo 16, comma 1, lettere c) e d), D.Lgs. n. 151/2001 e di godere del congedo, in tutto o in parte, dalla data di dimissione del bambino. Tale diritto può essere esercitato una sola volta per ogni figlio ed è subordinato alla produzione di attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività lavorativa. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche al congedo di maternità nei casi di adozione e affidamento regolati ai commi 3, 10 e 14 di questo articolo.

7. Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del S.S.P. o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

8. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati, ai sensi di quanto previsto dall’art. 41 del d.lgs. n. 151/2001.

9. In caso di parto plurimo, il periodo di congedo parentale retribuito al 100% è raddoppiato.

10. Per ogni bambino ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per congedo parentale – in via continuativa o frazionata – entro il limite complessivo di dieci mesi, elevabile a undici per il padre lavoratore qualora lo stesso abbia fruito di almeno tre mesi di congedo parentale anche non continuativi. In caso di fruizione frazionata, il calcolo retributivo comporta che siano aggiunti due ulteriori giorni non lavorativi ogni cinque giorni lavorativi di congedo parentale fruito frazionatamente per il personale il cui orario è articolato su cinque giorni, e un ulteriore giorno non lavorativo ogni sei giorni lavorativi di congedo parentale fruito frazionatamente per il personale il cui orario è articolato su sei giorni.

Il trattamento economico spettante durante il periodo di congedo parentale è il seguente:

a. entro i sei anni di vita del bambino: intera retribuzione (escluse le indennità connesse a particolari condizioni di lavoro e quelle che non sono corrisposte per almeno dodici mensilità) per i primi trenta giorni di calendario, computati complessivamente per entrambi i genitori, se fruiti entro i tre anni di vita del bambino; il 30% della retribuzione per il restante periodo di congedo e copertura integrale degli oneri pensionistici;

b. dopo il compimento dei sei anni di vita del bambino e fino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino è garantita la copertura integrale degli oneri pensionistici;

c. dagli 8 ai 12 anni di vita del bambino è garantita la copertura integrale degli oneri pensionistici per i primi 6 mesi di congedo parentale fruito da ciascun genitore.

Tali modalità si applicano anche ai genitori adottivi ed affidatari entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nel nucleo familiare, indipendentemente dall’età del minore all’atto dell’adozione o affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età.

La richiesta di congedo parentale va effettuata con congruo anticipo, nel rispetto dei termini previsti dal D.Lgs. 151/2001 e s.m., salvo i casi di oggettivo impedimento.

11. Dopo il compimento del primo anno di vita del bambino e sino al compimento del terzo anno, in caso di malattia del figlio e per i periodi corrispondenti, i genitori, alternativamente, hanno diritto, per ogni anno di vita del bambino, ad un massimo di trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori, di assenza retribuita, dietro presentazione di certificato rilasciato da un medico specialista del S.S.P. o con esso convenzionato. Dal terzo all’ottavo anno di vita del bambino tali assenze spettano complessivamente per entrambi i genitori nel limite di 10 giorni annui lavorativi non retribuiti, per la malattia di ogni figlio, con copertura pensionistica a carico dell’Amministrazione nei casi in cui non sia già prevista la contribuzione figurativa ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 151/2001. La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe il decorso del periodo di ferie in godimento da parte del genitore. Nel primo anno di vita le assenze per malattia del bambino sono retribuite fino a trenta giorni in alternativa al godimento dei primi trenta giorni di congedo parentale. Qualora i trenta giorni siano già stati usufruiti permane il diritto al congedo, che in tal caso non è retribuito, con copertura previdenziale figurativa ai sensi dell’art. 49 del d.lgs. n. 151/2001. Ai congedi per malattia del figlio si applica il comma 5 dell’art. 47 del d.lgs. n. 151/2001. I permessi per malattia del bambino sono computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità e alle ferie.

12. Le assenze di cui ai precedenti commi possono essere fruite nell’anno solare cumulativamente con quelle previste dall’art. 34. I periodi di congedo di cui al comma 10 sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi, ad eccezione dei primi trenta giorni di assenza retribuita, gli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità. I genitori che fruiscano di periodi di congedo parentale ai sensi del comma 10 dovranno presentare una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante che i periodi di congedo fruiti non eccedano quanto ivi previsto.

13. Ferma restando l’applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 151/2001, qualora, durante il periodo della gravidanza e fino a sette mesi dopo il parto, si accerti che l’espletamento dell’attività lavorativa comporta una situazione di danno o di pericolo per la gestazione o per la salute della madre lavoratrice, l’Amministrazione provvede al temporaneo impiego della medesima in altre attività che comportino minore aggravio psico-fisico. Si applicano inoltre le disposizioni sul lavoro notturno di cui al Titolo IV del d.lgs. n. 66/2003.

14. I genitori adottivi ed affidatari hanno diritto di fruire:

a. del congedo di maternità e paternità secondo la disciplina prevista dagli artt. 26 e 31 del d.lgs. n. 151/2001;
b. del congedo parentale di cui al comma 10.

15. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con handicap in situazione di gravità accertata, ai sensi dell’art. 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto al prolungamento fino al compimento del dodicesimo anno di vita del bambino del congedo parentale, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 151/2001, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.

16. Il diritto di assentarsi per congedo parentale di cui all’art. 32 del d.lgs. n. 151/2001, così come integrato ad questo articolo, e la relativa retribuzione sono riconosciuti anche se l’altro genitore non ne ha diritto.".

Art. 12
Congedi per le donne vittime di violenza

1. La lavoratrice, inserita nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, debitamente certificati, ai sensi dell’art. 24 del d. lgs. n. 80/2015, ha diritto ad astenersi dal lavoro, per motivi connessi a tali percorsi, per un periodo massimo di congedo di 90 giorni lavorativi, da fruire nell’arco temporale di tre anni, decorrenti dalla data di inizio del percorso di protezione certificato.

2. Salvo i casi di oggettiva impossibilità, la dipendente che intenda fruire del congedo in parola è tenuta a farne richiesta scritta al datore di lavoro - corredata della certificazione attestante l’inserimento nel percorso di protezione di cui al comma 1 - con un preavviso non inferiore a sette giorni di calendario e con l’indicazione dell’inizio e della fine del relativo periodo.

3. Il trattamento economico spettante alla lavoratrice è quello previsto per il congedo di maternità dall’art. 35 "Tutela della maternità e della paternità" del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007, come da ultimo sostituito dall’art. 7 di questo Accordo.

4. Il periodo di cui ai commi precedenti è computato ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, non riduce le ferie ed è utile ai fini della tredicesima mensilità.

5. Nell’ambito dell’arco temporale di cui al comma 1 la lavoratrice può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella a mezza giornata.

6. La dipendente ha diritto ad accedere al regime di impegno orario ridotto secondo quanto previsto dall’art. 92 del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007 fino a richiesta della lavoratrice di rientro al regime pieno.

7. La dipendente vittima di violenza di genere inserita in specifici percorsi di protezione di cui al comma 1, può presentare domanda di trasferimento ad altra amministrazione pubblica ubicata in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza. Entro quindici giorni dalla suddetta comunicazione l'amministrazione di appartenenza dispone il trasferimento presso l'amministrazione indicata dalla dipendente, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica.

8. I congedi di cui al presente comma possono essere cumulati con l’aspettativa per motivi personali e familiari di cui all’art. 37 del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007 per un periodo di ulteriori trenta giorni.

Art. 13
Norma finale

1. Con la sottoscrizione del presente Accordo le parti firmatarie dichiarano che hanno trovato applicazione gli impegni assunti con l’art. 8 "Norma programmatica" dell’ipotesi di accordo siglata in data 8 ottobre 2018.


ALLEGATO 7)

DISCIPLINA DEI VIAGGI DI MISSIONE

Art. 1
Autorizzazioni

1. Le missioni di servizio che il personale debba compiere sono autorizzate con le modalità stabilite dall’organo di governo dell’Ente. Presso la Provincia le missioni di servizio sono autorizzate preventivamente dal Dirigente o da un suo delegato.

2. La richiesta di autorizzazione deve indicare il luogo, la durata presunta, il motivo della trasferta nonché il mezzo impiegato ai fini della verifica della congruità dello stesso in relazione alla missione da effettuare.

3. Per le missioni di lunga durata o in paesi particolarmente disagiati, qualora ciò si renda necessario per consentire un efficace svolgimento della missione, con provvedimento dell’organo di governo dell’Ente può essere stabilito un trattamento economico forfetario a titolo di rimborso spese, fatto salvo il rimborso delle spese di viaggio.

Art. 2
Fogli di viaggio

1. Il dettaglio della missione è riportato su apposito foglio di viaggio anche in modalità elettronica. Sul foglio di viaggio sono riportate le attestazioni del dipendente concernenti l'effettuazione della missione ed in particolare: il luogo, la durata, il mezzo, gli eventuali chilometri percorsi, le spese sostenute e ammissibili a rimborso ai sensi dei successivi articoli, nonché eventuali anticipi ricevuti.

Art. 3
Mezzi di trasporto

Per lo svolgimento della missione il personale utilizza prioritariamente i mezzi dell’Amministrazione, compreso il car-sharing per gli enti che hanno attivato tale servizio, ed i seguenti mezzi di trasporto pubblici:

2. Presso gli enti che hanno attivato il servizio di car-sharing, in mancanza del mezzo dell’Amministrazione i dipendenti possono utilizzare il mezzo privato - autorizzato secondo le modalità fissate dall’organo di governo dell’ente –nei seguenti casi:

- quando l’uso del mezzo proprio risulta per l’ente più conveniente del mezzo pubblico in termini economici ed organizzativi;
- quando gli orari dei servizi pubblici sono inconciliabili con gli orari di servizio e di svolgimento della trasferta;
- quando il luogo della missione non sia raggiungibile con il mezzo pubblico.

3. In caso di utilizzo del mezzo privato – autorizzato secondo le modalità fissate dall’organo di governo dell’ente – da parte del dipendente che non si è avvalso del car-sharing e che non ha motivato l’impossibilità al ricorso del mezzo dell’Amministrazione, l’ente eroga un rimborso spese corrispondente al costo per chilometro rilevato per le autovetture di car-sharing, salvo che ricorrano le ipotesi di cui al successivo art. 4, lettera b1.

4. In nessun caso è ammesso il trasporto di persone non autorizzate sui mezzi dell’ente e sui mezzi privati qualora utilizzati per motivi di servizio.

Art. 4
Spese rimborsabili

1. Sono rimborsate al dipendente, su richiesta, le seguenti spese sostenute in occasione di viaggi di missione:

a. spesa di pernottamento in albergo per missione, dietro presentazione di regolare fattura, o altro documento idoneo. Entro i limiti fissati dall’Amministrazione, il dipendente dovrà scegliere la tariffa più conveniente e optare per la fruizione della camera doppia/uso singola solo a fronte di indisponibilità della camera singola. Nell’ipotesi di condivisione della stanza, il rimborso avverrà dividendo la tariffa per il numero degli occupanti;

b. spese di viaggio per l'utilizzo dei mezzi di cui all’articolo 3, incluse le spese per eventuali prenotazioni; nel caso di utilizzo di automezzo proprio è attribuita una indennità chilometrica il cui ammontare è determinato in relazione ad un consumo stimato di 10 litri ogni 100 km (10%) moltiplicato per il prezzo della benzina verde vigente al primo giorno di ogni mese. Considerate le spese fisse del mezzo, il prezzo della benzina verde è aumentato del 50%.
Sono rimborsabili le spese sostenute per i pedaggi autostradali e per il parcheggio (senza limiti di spesa purché documentate) nonché le spese per il recupero dell’automezzo in caso di incidente o guasto. I criteri per la determinazione delle distanze tra la sede di servizio ed il luogo di missione possono essere fissati dall’organo di governo dell’Ente. Per la Provincia, i criteri medesimi sono fissati dal Dirigente del Servizio competente in materia di personale. Nel caso di viaggi all'estero sono rimborsabili le spese sostenute per l'utilizzo del taxi per lo spostamento dall'aeroporto all'albergo e viceversa; in casi eccezionali, debitamente autorizzati dal dirigente (o responsabile di struttura per gli enti sprovvisti di tale figura), è consentito l’utilizzo del taxi in occasione di viaggi di missione sul territorio nazionale e all’estero.

b.1 Per lo svolgimento di attività inerenti controlli, sopralluoghi, visite domiciliari e simili e comunque ogniqualvolta lo suggeriscano criteri di razionalità ed economicità è consentito l'uso da parte del dipendente dell'automezzo privato ed in tal caso spetta un rimborso chilometrico il cui ammontare è pari al doppio di quello previsto alla lettera b. Il personale destinatario delle previsioni di questa lettera b.1 è individuato con lettera motivata del dirigente responsabile, previo parere favorevole del Servizio per il Personale;

c. spese di vitto per l’importo di euro 20,00 per un pasto per missioni di durata almeno pari a 4 ore. Nel caso di utilizzo da parte del dipendente del mezzo dell’Amministrazione o del mezzo proprio per lo svolgimento della missione, la richiesta di rimborso non potrà contemplare il consumo di bevande alcoliche. Le spese di vitto devono essere riferite alla consumazione del pasto nella località o lungo il tragitto di missione, salvo la mancanza di strutture ricettive. Per missioni di durata superiore a 12 ore i limiti di rimborso sono raddoppiati relativamente ad uno o due pasti;

d. spese direttamente connesse con il viaggio di missione, quali: biglietti di ingresso a fiere, esposizioni, musei e simili, tasse per visti di ingresso, spese per bonifici di pagamento e altre spese, comunque sempre documentate, tra cui le spese per assicurazione sanitaria in stati non rientranti nell’Unione Europea;

e. per le spese in valuta estera al rimborso si provvede sulla base del cambio rilevabile sul sito ufficiale della Banca d’Italia relativo al primo giorno feriale di missione. Sono ammesse le spese, opportunamente documentate, per cambio valuta nei limiti massimi praticati dall'Istituto bancario che effettua servizio di tesoreria per il datore di lavoro.

2. Per l’organizzazione dei viaggi di missione il dipendente può effettuare la prenotazione tramite internet o può avvalersi di agenzie di viaggio o di altri soggetti idonei.
In ogni caso deve essere prodotta la specifica documentazione inerente l'utilizzo di mezzi che svolgono servizio di trasporto, le spese di parcheggio e di pedaggio autostradale. In linea con gli sviluppi delle tecniche di dematerializzazione potranno essere individuate dal Responsabile dell’Ente (per la Provincia dal dirigente del Servizio competente in materia di personale) particolari modalità di presentazione della documentazione. Tali spese sono rimborsabili per la quota di spettanza del dipendente nel caso di missione effettuata in comitiva organizzata.

3. Nel caso si rechino in missione dipendenti con qualifiche dirigenziali o membri dell’organo di governo dell’Ente unitamente ad altri dipendenti, il rimborso delle spese di missione può essere autorizzato in favore di tutti i dipendenti nella misura prevista per i dirigenti o per i membri dell’organo di governo dell’Ente.

4. Al personale incaricato della sostituzione dei dirigenti, ai sensi della normativa provinciale in vigore, si applica il trattamento di missione previsto per i dirigenti.

5. Al dipendente inviato in missione che anticipi e posticipi per motivi personali di oltre 24 ore l’orario di partenza o di ritorno, le spese di viaggio sono rimborsate nella misura del 50%.

6. Nel caso di viaggi effettuati con mezzi aerei è concesso il rimborso del premio pagato per l'assicurazione sulla vita.

7. Le spese di pernottamento e vitto non sono rimborsabili nei seguenti casi:

a. per missioni effettuate all’interno del territorio del Comune sede di servizio o nel Comune di residenza o domicilio, salvo il caso che la località di missione disti più di 10 chilometri dalla sede di servizio o di residenza. In casi debitamente motivati dal dirigente potrà essere rimborsato il pernottamento.
b. per spostamenti nell’ambito di una zona determinata, quando la missione sia svolta come normale servizio d’istituto o quando questa derivi da normale attività di sorveglianza, custodia o manutenzione aventi carattere continuativo. A tale disposizione si deroga per pernottamenti in rifugi resisi necessari anche nell’ambito di normale attività di sorveglianza.

Art. 5
Rimborso forfetario del pasto

1. Al dipendente che non presenta la ricevuta di rimborso dei pasti è attribuita una somma forfetaria pari a giornalieri € 9,00, elevata ad € 15,00 per missioni di almeno 12 ore. Tale rimborso non spetta se il pasto è offerto o comunque compreso nell’ambito della missione (ad esempio in occasione della partecipazione a convegni, corsi, etc., in relazione ai quali il dipendente è tenuto alla presentazione della relativa locandina). In tali casi al dipendente è fatto obbligo di indicare nell’apposito spazio del foglio viaggio la fruizione gratuita del pasto.

2. Per missioni di durata compresa tra le 4 e le 8 ore con fascia oraria di missione tra le ore 12.00 e le ore 14.00 spetta una somma forfetaria pari ad € 9,00 in caso di assenza di locali convenzionati o assenza di vitto gratuito.

Art. 6
Indennità chilometrica in caso di tragitto fuori sede

1. Nel caso di missione effettuata nel recarsi alla sede di servizio o da questa alla località di residenza o domicilio, senza ritorno alla sede di servizio, il computo delle distanze prese a riferimento per la corresponsione dell'indennità chilometrica è effettuato deducendo i chilometri relativi al percorso più breve fra la sede di servizio e la località di residenza o domicilio.

Art. 7
Rimborso spese di viaggio per prestazioni fuori orario

1. Il dipendente chiamato ad effettuare prestazioni fuori orario ed autorizzato all'uso del proprio mezzo ha diritto al rimborso delle spese di viaggio per il tragitto tra la località di residenza/domicilio, se diversa dalla sede di servizio, e quella di missione.

Art. 8
Anticipazione delle spese di missione

1. Le spese per le missioni di servizio da compiersi fuori dal territorio della Provincia da parte dei dipendenti, sono anticipabili, secondo le modalità previste dal comma 1 dell'art. 9 della legge provinciale 8 giugno 1987, n. 10, fino al 100% dell’importo presunto dei rimborsi spese spettanti per l'effettuazione delle missioni medesime. L’anticipo delle somme necessarie è disposto secondo le modalità contabili fissate dall’Amministrazione. Gli importi dell’anticipo possono essere accreditati, su richiesta, sul conto corrente del dipendente secondo criteri da fissarsi da parte dell’organo di governo dell’Ente.

2. L'anticipazione di cui al comma 1 è concessa anche all'interno del territorio della provincia, qualora la missione comporti il sostenimento di spese di pernottamento.

Art. 9
Tempo di viaggio

1. Il tempo utilizzato per il viaggio nell'espletamento della missione è considerato a tutti gli effetti tempo lavorato se ricompreso nella fascia oraria che va dalle ore 6.00 alle ore 20.00.

Art. 10
Norma finale

1. La disciplina contenuta nel presente allegato si applica alle missioni effettuate a decorrere dall’1 gennaio 2019. Per il periodo antecedente si applicano le previgenti disposizioni regolanti la materia.


ALLEGATO 8)
NORME DISCIPLINARI

Art. 1
Obblighi del dipendente

1. Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire l'Amministrazione con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell'attività amministrativa, anteponendo il rispetto della legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui.

2. Il dipendente adegua il proprio comportamento a quanto contenuto nel codice di comportamento allegato all’Accordo sindacale di data 18 marzo 2015 (Allegato A).

3. In tale specifico contesto, tenuto conto dell'esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente deve in particolare:

a) collaborare con diligenza, osservando le norme del contratto, le disposizioni per l'esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall'Amministrazione anche in relazione alle norme vigenti in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro;
b) rispettare il segreto d'ufficio nei casi e nei modi previsti dalle norme dei singoli ordinamenti;
c) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d'ufficio;
d) nei rapporti con il cittadino, fornire tutte le informazioni cui abbia titolo, nel rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza e di accesso all'attività amministrativa previste dalle norme dei singoli ordinamenti, dai regolamenti attuativi della stessa vigenti nell'Amministrazione nonché attuare le disposizioni dell'Amministrazione in ordine al d.lgs. n. 443/2000 e al D.P.R. n. 445/2000 in tema di autocertificazione;
e) rispettare l'orario di lavoro, adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e non assentarsi dal luogo di lavoro senza l'autorizzazione del responsabile di servizio;
f) durante l'orario di lavoro, mantenere nei rapporti interpersonali e con gli utenti condotta uniformata a principi di correttezza ed astenersi da comportamenti lesivi della dignità della persona;
g) non attendere ad occupazioni e ad attività che ritardino il recupero psico-fisico in periodo di malattia od infortunio;
h) eseguire gli ordini inerenti all'espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartiti dai superiori. Se ritiene che l'ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve farne rimostranza a chi l'ha impartito, dichiarandone le ragioni; se l'ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione. Il dipendente non deve, comunque, eseguire l'ordine quando l'atto sia vietato dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo, segnalandolo all’ufficio ispettivo dell’Ente;
i) vigilare sul corretto espletamento dell'attività del personale sottordinato, ove tale compito rientri nelle proprie responsabilità;
l) avere cura dei locali, mobili, oggetti, macchinari, attrezzi, strumenti ed automezzi a lui affidati;
m) non valersi di quanto è di proprietà dell'Amministrazione per ragioni che non siano di servizio;
n) non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, nonché, salvo quelli d’uso o di modico valore, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa;
o) osservare scrupolosamente le disposizioni che regolano l'accesso ai locali dell'Amministrazione da parte del personale e non introdurre, salvo che non siano debitamente autorizzate, persone estranee all'Amministrazione stessa in locali non aperti al pubblico;
p) comunicare all'Amministrazione la propria residenza e, ove non coincidente, la dimora temporanea, nonché ogni successivo mutamento delle stesse;
q) in caso di malattia, dare tempestivo avviso all'ufficio di appartenenza, salvo comprovato impedimento;
r) astenersi dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari propri, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado;
s) partecipare a corsi di formazione;
t) presentarsi in servizio in condizioni confacenti alle funzioni che è chiamato a svolgere;
u) informare l’Amministrazione di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è stata esercitata l’azione penale nonché dei successivi sviluppi del procedimento penale.

Art. 2
Molestie sessuali

1. Ai dipendenti si applica il Codice di condotta contro le molestie sessuali di cui all’Allegato 4) al Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25.1.2007.

Art. 3
Mobbing

1. Il fenomeno del mobbing è inteso come forma di violenza morale o psichica in occasione di lavoro – attuato dal datore di lavoro o da altri dipendenti – nei confronti di un lavoratore. Esso è caratterizzato da una serie di atti, atteggiamenti o comportamenti, diversi e ripetuti nel tempo in modo sistematico ed abituale, aventi connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie tali da comportare un degrado delle condizioni di lavoro, idoneo a compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore stesso nell’ambito dell’ufficio di appartenenza o, addirittura, tale da escluderlo dal contesto lavorativo di riferimento.

2. In relazione al comma 1, le parti, anche con riferimento alla risoluzione del Parlamento Europeo del 20 settembre 2001, riconoscono la necessità di avviare adeguate ed opportune iniziative al fine di contrastare la diffusione di tali situazioni, che assumono rilevanza sociale, nonché di prevenire il verificarsi di possibili conseguenze pericolose per la salute fisica e mentale del lavoratore interessato e, più in generale, migliorare la qualità e la sicurezza dell’ambiente di lavoro.

3. Sono istituiti i Comitati Unici di Garanzia ai sensi dell’art. 57 del D.Lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 21 della Legge 183/2010, e della normativa provinciale in materia.

Art. 4
Sanzioni e procedure disciplinari

1. Le violazioni, da parte dei lavoratori, dei doveri disciplinati negli articoli 1, 2 e 3 del presente Allegato 8), danno luogo, secondo la gravità dell'infrazione, all'applicazione delle seguenti sanzioni disciplinari:

a. richiamo verbale;
b. richiamo scritto (censura);
c. multa con importo non superiore a quattro ore di retribuzione;
d. sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a dieci giorni;
e. sospensione dal servizio e dalla retribuzione da undici giorni fino ad un massimo di novanta giorni;
f. licenziamento con preavviso;
g. licenziamento senza preavviso.

2. Soggetto competente per l’irrogazione della sanzione disciplinare del richiamo verbale è il dirigente della struttura di appartenenza del dipendente. In tale caso il dirigente, convocato tempestivamente il dipendente, gli contesta verbalmente l’infrazione circostanziando il fatto addebitato e, laddove non ritenga idonee le eventuali giustificazioni, ne spiega i motivi e lo esorta al puntuale rispetto delle disposizioni violate. Del richiamo verbale viene tempestivamente data circostanziata comunicazione scritta alla struttura competente in materia di personale ai fini dell’inserimento nel fascicolo personale del dipendente; tale comunicazione è inviata per conoscenza anche al dipendente interessato. Per le restanti sanzioni disciplinari provvede invece il dirigente della struttura competente in materia di personale previa contestazione scritta dell'addebito.

3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il dirigente della struttura in cui il dipendente lavora segnala immediatamente e comunque entro 10 giorni dalla notizia, alla struttura competente in materia di personale, i fatti da contestare al dipendente, opportunamente circostanziati e documentati, per l’istruzione del procedimento disciplinare. In caso di mancata segnalazione entro il termine predetto si darà corso all’accertamento della responsabilità del soggetto tenuto alla comunicazione.

4. Salvo il caso di archiviazione della segnalazione per manifesta infondatezza degli addebiti, inesistenza dei fatti addebitati o carenza dei presupposti, la struttura competente in materia di personale procede alla contestazione scritta dell’addebito, che deve basarsi su riscontri obiettivi, entro e non oltre 30 giorni dalla data di ricezione della segnalazione del dirigente ovvero dalla data in cui la struttura procedente abbia altrimenti acquisito la notizia dell’avvenuta infrazione. A seguito della contestazione dell’addebito, il dipendente interessato è convocato, per iscritto e con un preavviso di almeno 20 giorni, per l’audizione.

5. Il dipendente può farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante dell’associazione sindacale cui egli aderisce o conferisce mandato. Ove il dipendente, in caso di grave ed oggettivo impedimento, tempestivamente comunicato, non possa essere presente all’audizione, lo stesso, entro il termine fissato dalla struttura competente in materia di personale, può tempestivamente chiedere un rinvio. Il dipendente che non intenda presentarsi all’audizione può inviare una memoria scritta con le proprie controdeduzioni entro il giorno stabilito per l’audizione.

6. La struttura competente in materia di personale, sulla base degli accertamenti effettuati e delle controdeduzioni addotte dal dipendente interessato in sede di audizione o nelle proprie memorie, irroga la sanzione applicabile nel rispetto dei principi e criteri di cui all’art. 5. Nel caso in cui sia accertata l’infondatezza o l’irrilevanza degli addebiti ovvero l’inesistenza dei fatti a fondamento degli stessi, il titolare della struttura dispone motivatamente l’archiviazione del procedimento, dandone tempestiva comunicazione all’interessato. In ogni caso il procedimento disciplinare si conclude entro 120 giorni dalla data di contestazione dell’addebito.

7. (eliminato)

8. Qualora, per grave e oggettivo impedimento del dipendente, si sia verificato, su richiesta del medesimo, un differimento del termine fissato per l’audizione, il termine per la conclusione del procedimento disciplinare è prorogato in misura corrispondente al differimento. Il differimento può essere disposto per una sola volta nell’ambito del procedimento disciplinare.

9. La violazione dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare previste dal presente articolo 4 (Sanzioni e procedure disciplinari), nonché dagli articoli 4 bis (Procedura in caso di falsa attestazione della presenza in servizio) e 8 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale), fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4 bis, commi 1 e 2, sono da considerarsi perentori il termine per la contestazione dell'addebito e il termine per la conclusione del procedimento.

10. Nell’ambito del procedimento disciplinare la comunicazione di contestazione dell’addebito al dipendente è effettuata tramite la posta elettronica certificata, se il dipendente dispone di idonea casella di posta, la consegna a mano, ovvero attraverso la raccomandata postale con ricevuta di ritorno. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito, è consentito l’uso della posta elettronica o di altri strumenti informatici di comunicazione, ai sensi dell’art. 47, comma 3, secondo periodo, del d.lgs. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale), ovvero anche al numero di fax o altro indirizzo di posta elettronica previamente comunicati dal dipendente o dal suo procuratore.

11. Al dipendente o, su espressa delega al suo difensore, è consentito l'accesso a tutti gli atti istruttori riguardanti il procedimento a suo carico. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sul diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui alla l.p. n. 23/1992 e relativo regolamento di attuazione. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 54-bis del d.lgs. 165/2001 in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.

12. Nel corso dell’istruttoria, la struttura competente in materia di personale può acquisire da altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento né il differimento dei relativi termini.

13. Non può tenersi conto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.

14. I provvedimenti di cui al comma 1 non sollevano il lavoratore da eventuali altre responsabilità nelle quali egli sia incorso.

15. Il procedimento disciplinare può essere attivato nei confronti di personale assunto con contratto a tempo determinato anche successivamente alla scadenza del termine e la sanzione è eseguita in caso di costituzione di nuovo rapporto di lavoro. La sanzione del licenziamento si converte nella cancellazione dalla graduatoria per successivi incarichi, previa comunicazione scritta della decisione adottata.

16. La cessazione del rapporto di lavoro estingue il procedimento disciplinare salvo che per l'infrazione commessa sia prevista la sanzione del licenziamento o comunque sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio nei casi previsti dall'articolo 10. In tal caso le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici ed economici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.

17. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso l’amministrazione di destinazione. In caso di trasferimento del dipendente in pendenza di procedimento disciplinare, la struttura competente in materia di personale che abbia in carico gli atti, ivi compresa l'acquisizione di conoscenza dell'illecito disciplinare, provvede alla loro tempestiva trasmissione al competente ufficio disciplinare dell'amministrazione presso cui il dipendente è trasferito. In tali casi il procedimento disciplinare è interrotto e dalla data di ricezione degli atti da parte dell'ufficio disciplinare dell'amministrazione presso cui il dipendente è trasferito decorrono nuovi termini per la contestazione dell'addebito o per la conclusione del procedimento. Nel caso in cui l'amministrazione di provenienza venga a conoscenza dell'illecito disciplinare successivamente al trasferimento del dipendente, la stessa Amministrazione provvede a segnalare immediatamente e comunque entro 20 giorni i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare all'Ufficio per i procedimenti disciplinari dell'amministrazione presso cui il dipendente è stato trasferito e dalla data di ricezione della predetta segnalazione decorrono i termini per la contestazione dell'addebito e per la conclusione del procedimento. Gli esiti del procedimento disciplinare vengono in ogni caso comunicati anche all'amministrazione di provenienza del dipendente.

18. Resta salvo quanto previsto dal successivo art. 4 bis per il caso di falsa attestazione della presenza in servizio.

Art. 4 bis
Procedura in caso di falsa attestazione della presenza in servizio

1. L'Amministrazione che accerti, in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, la falsa attestazione della presenza in servizio di un dipendente ai sensi dell'articolo 55-quater del d.lgs. 165/2001 e dell'articolo 6, comma 8, lett. a), provvede all'immediata sospensione cautelare del medesimo senza stipendio, fatta salva la corresponsione dell'indennità prevista dall'art. 10, comma 7, senza obbligo di preventiva audizione. La sospensione è disposta con provvedimento motivato della struttura competente in materia di personale, immediatamente e comunque entro quarantotto ore dal ricevimento della relativa segnalazione del dirigente della struttura di appartenenza del dipendente o dalla conoscenza del fatto in altro modo acquisita. Il lavoratore può chiedere e in tal caso ha diritto di essere sentito prima dell’adozione del provvedimento di sospensione nel termine sopra indicato. Il superamento del termine non determina la decadenza dell'azione disciplinare né l'inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.

2. Con il provvedimento di sospensione cautelare di cui al comma precedente si procede anche alla contestuale contestazione per iscritto dell'addebito e alla convocazione del dipendente per l'audizione. Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno quindici giorni e può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell'associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Fino alla data dell'audizione, il dipendente convocato può inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l'esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a cinque giorni. Il differimento del termine a difesa del dipendente può essere disposto solo una volta nel corso del procedimento. La struttura competente in materia di personale conclude il procedimento entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell'addebito. La violazione dei suddetti termini o la non contestualità fra sospensione e la contestazione degli addebiti, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui esse siano imputabili, non determinano la decadenza dall'azione disciplinare né l'invalidità della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non siano superati i termini per la contestazione e per la conclusione del procedimento di cui all'articolo 4, commi 4 e 6.

3. Entro quindici giorni dall'avvio del procedimento disciplinare la struttura competente in materia di personale provvede alla denuncia al pubblico ministero e alla segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti, secondo quanto previsto dal comma 3-quater dell'articolo 55-quater del d.lgs. 165/2001. La conclusione della procedura di licenziamento è tempestivamente comunicata alla procura della Corte dei conti.

Art. 5
Codice disciplinare

1. Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni, in relazione alla gravità della mancanza, il tipo e l'entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:

a. intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell'evento;
b. rilevanza degli obblighi violati;
c. responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d. grado di danno o di pericolo causato all'Amministrazione, agli utenti e a terzi ovvero al disservizio determinatosi;
e. sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell'ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti;
f. concorso nella mancanza di più lavoratori in accordo tra di loro.

1 bis. Costituisce circostanza aggravante ai sensi del precedente comma 1, lett. e., il compimento di atti di discriminazione fondati, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o sindacali o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

2. La recidiva nelle mancanze previste ai commi da 4 a 6, già sanzionate nel biennio di riferimento, anche se trattasi di infrazioni disciplinari non della stessa natura, comporta una sanzione di maggiore gravità tra quelle previste nell'ambito dei medesimi commi.

3. Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.

4. La sanzione disciplinare dal minimo del richiamo verbale o scritto al massimo della multa, di importo pari a quattro ore di retribuzione, si applica graduando l'entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:

  1. inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell'orario di lavoro, salvo che non ricorra l’ipotesi di cui all’art. 5, c. 8, lett. a);

  2. condotta non conforme a principi di correttezza verso altri dipendenti o nei confronti del pubblico;

  3. negligenza nell'esecuzione dei compiti assegnati, nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti affidati o sui quali, in relazione alle proprie responsabilità, si debba espletare azione di custodia e vigilanza;

  4. inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro, ove non ne sia derivato danno o disservizio;

  5. rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell'Amministrazione, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 6 della legge n. 300/70;

  6. insufficiente rendimento, rispetto ai carichi di lavoro e, comunque, nell'assolvimento dei compiti assegnati;

  7. svolgimento di attività lucrativa al di fuori dell’orario di lavoro, senza autorizzazione dell’Amministrazione di appartenenza o in violazione dei relativi limiti;

  8. violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti;

  9. mancata tempestiva informazione all’Amministrazione di essere stato rinviato a giudizio o che nei propri confronti è stata esercitata l’azione penale nonchè dei successivi sviluppi del procedimento penale.

L'importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio dell'Amministrazione e destinato ad attività sociali a favore dei dipendenti. La multa è detratta nella sua somma lorda dalla retribuzione netta spettante e non riduce gli imponibili previdenziali e fiscali.

5. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di dieci giorni, si applica graduando l'entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per:

  1. recidiva nelle mancanze previste dal comma 4, che abbiano comportato l'applicazione del massimo della multa;

  2. particolare gravità delle mancanze previste al comma 4;

  3. assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso per un periodo fino a nove giorni, salvo quanto previsto dal comma 7 lett. a); in tali ipotesi, l'entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell'assenza o dell'abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all'Amministrazione, agli utenti o ai terzi; nei casi di particolare gravità è applicabile la sanzione di cui al successivo comma;

  4. ingiustificato ritardo, non superiore a dieci giorni, a trasferirsi nella sede assegnata dall’Amministrazione;

  5. svolgimento di attività che ritardino il recupero psico-fisico durante lo stato di malattia o di infortunio;

  6. comportamenti minacciosi, ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti di altri dipendenti o degli utenti o di terzi; alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;

  7. manifestazioni ingiuriose nei confronti dell'Amministrazione, salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 300 del 1970;

  8. atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona;

  9. sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e denigratori, che assumono forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un altro dipendente;

  10. violazione di obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia derivato disservizio ovvero grave danno o pericolo all’amministrazione o a terzi.

6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di 90 giorni si applica per:

  1. recidiva nel biennio nelle mancanze previste nel comma precedente quando sia stata comminata la sanzione massima;

  2. mancanze previste nel comma precedente che presentino caratteri di particolare gravità;

  3. occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’Amministrazione o ad essi affidati;

  4. persistente insufficiente rendimento o fatti, colposi o dolosi, che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio;

  5. esercizio, attraverso sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi ostili e denigratori, di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un altro dipendente al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo;

  6. gravi atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona;

  7. ingiustificato rifiuto, da parte del lavoratore dipendente a conoscenza, per ragioni di ufficio o di servizio, di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, della collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente, anche se di amministrazione terza rispetto a quella di appartenenza, ovvero resa di dichiarazioni false o reticenti. In tali casi la sanzione non può essere superiore a quindici giorni di sospensione in relazione alla gravità dell’illecito contestato al dipendente;

  8. fino a due assenze ingiustificate dal servizio in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale;

  9. ingiustificate assenze collettive nei periodi, individuati dall’amministrazione, in cui è necessario assicurare continuità nell’erogazione dei servizi all’utenza.

Il periodo di sospensione inteso quale sanzione disciplinare nelle diverse entità previste dal presente comma e dal comma precedente non è, in ogni caso, computabile ai fini dell’anzianità di servizio, della progressione giuridica ed economica e del trattamento di quiescenza e previdenza e riduce proporzionalmente le ferie.

Il dipendente sospeso dal servizio è privato della retribuzione fino al decimo giorno, mentre, a decorrere dall’undicesimo giorno, viene corrisposta allo stesso una indennità pari al 50% della retribuzione fondamentale e gli assegni del nucleo familiare con esclusione delle indennità fisse e continuative di cui all’art. 69 del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007.

7. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso si applica per:

a. assenza priva di una valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiori a nove nel corso degli ultimi 10 anni ovvero mancata ripresa del servizio, senza giustificato motivo, entro il termine fissato dall’amministrazione;
b. recidiva plurima, per la terza volta nel biennio, nelle mancanze previste ai commi 5 e 6, anche se di diversa natura, o recidiva semplice, nel biennio, in una stessa mancanza tra quelle previste nei medesimi commi che abbia comportato l’applicazione della misura massima della sospensione ivi rispettivamente prevista. E’ fatto salvo quanto contemplato dal comma 8;
c. persistente insufficiente rendimento o fatti che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio;
d. recidiva, nel biennio, anche nei confronti di persona diversa, di sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi, ostili e denigratori e di forme di violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un collega al fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal contesto lavorativo;
e. ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’Amministrazione per riconosciute e motivate esigenze di servizio, nel rispetto delle vigenti procedure in relazione alla tipologia di mobilità attivata;
f. recidiva, nel biennio, di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona;
g. delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità;
h. violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, di gravità tale, secondo i criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro;
i. mancata ripresa del servizio, salvo casi di comprovato impedimento, dopo periodi di interruzione dell’attività previsti dalle disposizioni legislative e contrattuali vigenti, alla conclusione del periodo di sospensione o alla scadenza del termine fissato dall’amministrazione;
l. violazione dolosa o gravemente colposa di obblighi concernenti la prestazione lavorativa che abbiano determinato la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno;
m. reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l'applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell'arco del biennio;
n. insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa stabilite da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della prestazione del dipendente per ciascun anno dell'ultimo triennio.

8. La sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso si applica per:

a. falsa attestazione di presenza in servizio mediante qualunque modalità fraudolenta, posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione circa il rispetto dell'orario di lavoro, come ad esempio: l’alterazione dei sistemi di rilevazione delle presenze, l’elusione dei sistemi di rilevamento elettronici della presenza e dell’orario, la manomissione dei fogli di presenza o delle risultanze anche cartacee degli stessi.
La stessa sanzione si applica anche nei confronti di chi dolosamente avalli, agevoli,
aiuti o permetta tali atti o comportamenti fraudolenti con propria condotta attiva o omissiva. La sanzione del licenziamento senza preavviso si applica inoltre in caso di certificazione medica falsa o attestante falsamente uno stato di malattia.
b. falsità documentali o dichiarative ai fini o nell’occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro in sede di assunzione ovvero di progressioni di carriera;
c. gravi e plurime condotte, nell’ambiente di lavoro, nei confronti di altri dipendenti o terzi, aggressive o moleste - anche di carattere sessuale - o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
d. recidiva, nel biennio, di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, gravemente lesivi della dignità della persona;
e. commissione in genere, anche nei confronti di terzi, di fatti o atti dolosi, che, pur non costituendo illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro;

f. condanna penale definitiva con la quale sia stata disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione del rapporto di lavoro, in particolare nelle ipotesi previste dall’art. 32 quinquies c.p. vale a dire in caso di condanna non inferiore ai due anni di reclusione per i delitti di: peculato non momentaneo (art. 314, primo comma c.p.), concussione (317 c.p.), corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.), corruzione in atti giudiziari (319 ter). In tali casi, ai sensi dell’art. 5, c. 4, l. n. 97/2001, dell’estinzione del rapporto di lavoro è data motivata comunicazione scritta al lavoratore senza il rispetto delle forme proprie del procedimento disciplinare;
g. condanna per delitti o adozione di
misure di prevenzione previsti dall’art. 15, lett. da a) ad f), l. n. 55/1990, dall’art. 94, c. 2, d. lgs. n. 267/2000 nonchè dall’art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001, vale a dire: associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.); delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 4, D.P.R. 309/1990), delitto di cui all’art. 73 del D.P.R. cit. concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, nonché, se la pena irrogata non sia inferiore a 1 anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti nonchè il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione ai predetti reati; peculato non momentaneo (art. 314, primo comma c.p.), peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316 c.p.), malversazione a danno dello Stato (316-bis), concussione (317 c.p.), corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.), corruzione in atti giudiziari (319 ter c.p. ), induzione indebita a dare o promettere utilità (319 quater c.p.), delitto commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio se sia stata inflitta la pena della reclusione complessivamente superiore a 6 mesi, delitto non colposo se sia stata inflitta la reclusione di almeno 2 anni, inoltre applicazione di una misura di prevenzione con provvedimento definitivo per presunta appartenenza ad una delle associazioni di cui all’art. 416 bis c.p.. Resta fermo quanto sopra previsto alla lett. f);
h. condanna per altri gravi delitti commessi in servizio, oppure gravi delitti dolosi, che, seppur commessi al di fuori del servizio, abbiano una diretta incidenza sullo svolgimento del rapporto di lavoro non consentendone la provvisoria prosecuzione;
i. condanna per delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità.

8 bis. Ai fini previsti dal presente articolo, assume rilievo la condanna anche non definitiva secondo i criteri di cui all’art. 8, comma 1, penultimo periodo.

9. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 50, c. 2, l.p. n. 7/1997 e s.m., il codice disciplinare di cui al presente articolo è pubblicato sul sito istituzionale della Provincia.

10. Il codice disciplinare entra in vigore dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione.

Art. 6
Messa in disponibilità per accertata inefficienza o incompetenza professionale

1. Il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell’ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertata dall’amministrazione, è collocato in disponibilità, all’esito del procedimento disciplinare che accerta tale responsabilità, e si applicano nei suoi confronti le disposizioni in materia di messa in disponibilità di cui al regolamento richiamato dall’art. 9, c. 1 lett. a della l.p. n. 7/1997. Il provvedimento che definisce il giudizio disciplinare stabilisce anche le mansioni e la qualifica per le quali può avvenire l’eventuale ricollocamento. Durante il periodo nel quale è collocato in disponibilità, il lavoratore non ha diritto di percepire aumenti retributivi sopravvenuti.

Art. 7
Determinazione concordata della sanzione

1. Fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento la struttura competente in materia di personale e il dipendente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare.

2. La sanzione concordamente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui al comma 1 non è soggetta ad impugnazione.

3. L’autorità disciplinare competente o il dipendente può proporre all’altra parte l’attivazione della procedura nei cinque giorni successivi alla data fissata per l’audizione del dipendente. Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare. La proposta dell’autorità disciplinare o del dipendente e tutti gli altri atti della procedura sono comunicati all’altra parte con le modalità di cui all’art. 4, c. 10.

4. La proposta di attivazione della procedura deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile nei limiti previsti dal comma 2. La mancata formulazione della proposta entro il termine di cui al comma 3 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.

5. La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i 5 giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità di cui all’art. 4, c. 10. Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, dalla scadenza dello stesso riprende il decorso dei termini del procedimento disciplinare. La mancata accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.

6. Ove la proposta di attivazione della procedura conciliativa sia accettata, l’autorità disciplinare competente convoca nei cinque giorni successivi il dipendente, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato.

7. Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dal responsabile dell’ufficio procedente e dal dipendente e la sanzione concordata dalle parti viene irrogata.

8. In caso di esito negativo o di mancata comparizione, viene redatto relativo verbale e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare.

9. In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dal pervenimento della proposta e comunque precedere l’irrogazione della sanzione. Fermo restando quanto previsto dai precedenti commi, la scadenza di tale termine comporta l’estinzione della procedura conciliativa, la decadenza dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa e la ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare.

Art. 8
Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale

1. Nel caso vengano commessi in servizio illeciti di rilevanza penale perseguibili d’ufficio, l’Amministrazione inizia il procedimento disciplinare e inoltra denuncia penale. L’obbligo di denunzia penale può emergere anche successivamente, nel corso del procedimento disciplinare già avviato. Il procedimento disciplinare che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza di procedimento penale. Per le infrazioni per le quali è applicabile una sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a 10 giorni l’ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare, nei confronti del dipendente, i provvedimenti cautelari previsti dall’ordinamento. Ai sensi dell’art. 55 ter, 1° comma, del d.lgs. 165/2001 il procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato anche qualora l'amministrazione giunga in possesso di elementi nuovi, sufficienti per concludere il procedimento, ivi incluso un provvedimento giurisdizionale non definitivo. La sospensione del procedimento disciplinare si estende agli eventuali fatti di esclusivo rilievo disciplinare ma connessi ai fatti di rilievo penale.

2. Se il procedimento disciplinare non sospeso si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito, anche in sede di revisione, con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, la struttura competente in materia di personale, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2 il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza da parte della cancelleria del giudice, all’amministrazione di appartenenza del lavoratore ovvero dal ricevimento, da parte dell’interessato, dell’istanza di riapertura del procedimento. E’ dovere del dipendente informare l’Amministrazione sullo stato del procedimento penale e sulle condanne riportate. La ripresa o la riapertura del procedimento disciplinare avvengono mediante il rinnovo della contestazione dell’addebito salvo il caso di manifesta sussistenza di motivi per disporre l’immediata archiviazione del procedimento. Il procedimento si svolge secondo quanto previsto nell'art. 4, comma 6, con integrale nuova decorrenza dei termini ivi previsti per la conclusione dello stesso. Ai fini delle determinazioni conclusive, l’autorità procedente, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 ed 1-bis, del codice di procedura penale.

4. Al di fuori dei casi previsti dal precedente comma, laddove sia comunicata all’Amministrazione sentenza irrevocabile di condanna per un delitto per il quale sia prevista la sanzione del licenziamento, l’Amministrazione, ai sensi dell’art. 5, comma 4, l. n. 97/2001, avvia il procedimento entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza. Il procedimento disciplinare deve concludersi entro 180 giorni dal termine di inizio.

5. Il dipendente, licenziato per fatti di rilievo penale ai sensi dell’art. 5, comma 7, lett. g. e comma 8, lett. f) g) h) e i)), rispetto ai quali sia stato successivamente assolto in sede giudiziaria, anche a seguito di revisione del processo, ha diritto, laddove il procedimento disciplinare riaperto si concluda con l’archiviazione o con l’inflizione di una sanzione disciplinare diversa da quella del licenziamento, alla riammissione in servizio nella medesima sede o, se disponibile, in altra su sua richiesta, anche in soprannumero, nella medesima figura professionale e con decorrenza dell'anzianità posseduta all'atto del licenziamento.

6. Il dipendente riammesso ai sensi del comma 5 è reinquadrato nella categoria e nella posizione retributiva in cui è confluita la figura professionale posseduta al momento del licenziamento, qualora sia intervenuta una nuova classificazione del personale. In caso di premorienza, il coniuge o il convivente superstite e i figli hanno diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati attribuiti al dipendente nel periodo di sospensione o di licenziamento, escluse le indennità comunque legate alla presenza in servizio ovvero alla prestazione di lavoro straordinario.

Art. 9
Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare

1. L'Amministrazione, laddove riscontri la necessità di espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a titolo di infrazione disciplinare punibili con la sanzione della sospensione dal servizio e dalla retribuzione o sanzione più grave, può disporre, nel corso del procedimento disciplinare, l'allontanamento dal lavoro per un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, con conservazione della retribuzione.

2. Quando il procedimento disciplinare si conclude con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo dell'allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione limitata agli effettivi giorni di sospensione irrogati.

3. Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell’anzianità di servizio.

Art. 10
Sospensione cautelare per misura restrittiva della libertà personale. Sospensione facoltativa. Sospensione obbligatoria in pendenza di procedimento penale.

1. Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d'ufficio dal servizio, con privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o comunque dello stato restrittivo della libertà.

2. L'Amministrazione, ai sensi del presente articolo, cessato lo stato di restrizione della libertà personale, può prolungare il periodo di sospensione del dipendente fino alla sentenza definitiva alle medesime condizioni del comma 3.

3. Il dipendente può essere altresì sospeso dal servizio con privazione della retribuzione, a prescindere dall’avvenuta adozione di provvedimenti restrittivi della libertà personale, quando sia stato rinviato a giudizio per fatti direttamente attinenti al rapporto di lavoro o comunque per fatti tali da comportare, se accertati, l'applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento. La sospensione è revocata nel caso di successiva sentenza, anche non definitiva, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione nonchè nei casi di cui al comma 10.

4. Nel caso sia disposto il giudizio per i seguenti reati previsti dall'art. 3, comma 1, della legge n. 97 del 2001: peculato non momentaneo (art. 314, c. 1 c.p.), concussione (art. 317 c.p.), corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.) e corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità (319 quater c.p.), in alternativa alla sospensione obbligatoria dal servizio possono essere applicate le misure previste dall’art. 3 cit. concernenti il trasferimento ad altra sede o l’attribuzione di altro incarico. Per i medesimi reati, qualora intervenga sentenza di condanna, si applica quando previsto dal successivo comma 5. I provvedimenti sono revocati in caso di successiva sentenza, anche non definitiva, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione nonchè nel caso di cui al comma 10. In tali casi il dipendente trasferito o attributario di altro incarico può essere mantenuto nella nuova sede o nel nuovo incarico su sua richiesta o per motivate esigenze di servizio.

5. Fermo restando quanto previsto dai commi da 1 a 4, sussiste l'obbligo di immediata sospensione dal servizio nel caso di condanna non definitiva o definitiva - anche se a pena sospesa - nelle ipotesi previste dalla legge e in particolare per i reati e i provvedimenti contemplati dall’art. 94, d. lgs. n. 267/2000, vale a dire: peculato non momentaneo (art. 314, c. 1 c.p.), peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316 c.p.), malversazione a danno dello Stato (art. 316 bis c.p.), concussione (art. 317 c.p.), corruzione (artt. 318, 319 e 320 c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319 ter c.p.), induzione indebita a dare o promettere utilità (319 quater c.p.), delitto non colposo per il quale sia stata irrogata la pena non inferiore a 2 anni di reclusione confermata in appello, applicazione di misura di prevenzione con provvedimento non definitivo per presunta appartenenza ad una delle associazioni di cui all’art. 416 c.p.. La sospensione è revocata nel caso di successiva sentenza, anche non definitiva, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione nonchè nel caso di cui al comma 10.

6. Fermo restando quanto previsto dai commi da 1 a 4, per i seguenti delitti o provvedimenti previsti dall’art. 15, l. n. 55/1990 e dall’art. 94, d. lgs. n. 267/2000, è disposta l’immediata sospensione obbligatoria dal servizio solo in caso di condanna definitiva o provvedimento per: associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.); delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 4, D.P.R. 309/1990), delitto di cui all’art. 73 del D.P.R. cit. concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, nonché, se la pena irrogata non sia inferiore a 1 anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti nonchè il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione ai predetti reati; peculato momentaneo (art. 314, secondo comma c.p.), altri delitti commessi con abuso di poteri o violazione di doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio per i quali sia stata irrogata la pena della reclusione complessivamente superiore a 6 mesi; delitto non colposo se sia stata inflitta la reclusione di almeno 2 anni; applicazione di misura di prevenzione, con provvedimento definitivo, per presunta appartenenza ad una delle associazioni di cui all’art. 416 bis c.p..

7. Al dipendente sospeso ai sensi dei commi da 1 a 6 sono corrisposti un'indennità pari al 50% della retribuzione fondamentale e gli assegni del nucleo familiare, con esclusione delle indennità fisse e continuative di cui all’art. 69 del Testo coordinato e modificativo del CCPL 2002-2005 di data 25 gennaio 2007.

8. Nel caso di sentenza definitiva di assoluzione o di proscioglimento, quanto corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità verrà conguagliato - tenendo conto delle sanzioni eventualmente applicate - con quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi speciali o per prestazioni di carattere straordinario.

9. In caso di condanna penale, ove il procedimento disciplinare si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso quanto corrisposto nel periodo di sospensione cautelare a titolo di indennità viene conguagliato - tenendo conto delle sanzioni eventualmente applicate – con quanto dovuto se fosse stato in servizio, escluse le indennità o compensi per servizi e funzioni speciali o per prestazioni di carattere straordinario nonché i periodi di sospensione del comma 1.

10. Quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa di procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore a cinque anni o, se inferiore, al tempo di prescrizione del reato. Decorso tale termine, la sospensione cautelare è revocata di diritto e il dipendente riammesso in servizio. Il procedimento disciplinare rimane, comunque, sospeso sino all'esito del procedimento penale.

11. Quanto previsto dai precedenti commi si applica, in quanto compatibile, anche nel caso di esercizio dell’azione disciplinare in pendenza di procedimento penale ai sensi dell’art. 8. In tale caso la sospensione del dipendente è disposta fino alla conclusione del procedimento disciplinare.

Art. 11
Successione di norme in materia disciplinare

1. In caso di successione di norme contrattuali in materia di procedimento e di responsabilità disciplinare, si applicano, se non diversamente disposto, i seguenti principi:

1. per gli illeciti commessi precedentemente alla data del 22 giugno 2017 si applicano le norme procedurali e i termini in vigore alla data della commissione dell’illecito medesimo, ai sensi dell’art. 22, co 13, d.lgs n. 75/2017;

2. non è sanzionabile il fatto non previsto quale infrazione disciplinare al tempo in cui è stato commesso;

3. in pendenza di procedimento disciplinare si applicano le norme precettive e sanzionatorie modificative sopravvenute rispetto alla commissione dell’illecito disciplinare se più favorevoli all’incolpato;

4. in caso di sopravvenuta soppressione di una infrazione disciplinare posteriormente all’inflizione della sanzione, non si dà luogo all’esecuzione della stessa che, se ancora in corso, è interrotta. Cessano altresì gli ulteriori effetti accessori della sanzione nell’ambito del rapporto di lavoro previsti dalla normativa vigente.


 

PARTE C

DISCIPLINA DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE

 

Art. 1
Adesione ai fondi pensione

1. Il personale dipendente dagli Enti firmatari del contratto collettivo provinciale può aderire al Fondo pensione complementare per i lavoratori dipendenti da datori di lavoro operanti nel territorio del Trentino Alto – Adige (Laborfonds).

2. Le modalità di adesione al fondo, di permanenza nel fondo ed ogni altra facoltà esercitabile dal dipendente sono disciplinate dallo statuto e dagli accordi costitutivi del fondo stesso.

Art. 2
Contribuzione

1. Sono versate a Laborfonds, in applicazione del vigente CCPL, le seguenti contribuzioni:

a. 1% della retribuzione utile ai fini del TFR, come definita all’art. 1 – parte A – della presente regolamentazione, con ritenuta a carico del lavoratore;
b. 1% della retribuzione utile ai fini del TFR, come definita all’art. 1 – parte A – della presente regolamentazione, con ritenuta a carico del datore di lavoro;
c. a scelta del dipendente ed a proprio carico può essere versata una contribuzione aggiuntiva a scaglioni dell’1% della medesima retribuzione, nel limite massimo del 10%;
d. per gli iscritti alla data di sottoscrizione del presente accordo rimane confermata la maggiorazione dello 0,66% o dello 0,33% fino ad eventuale richiesta di variazione.

2. I contributi versati vengono dedotti dal reddito di lavoro dipendente a cura del datore di lavoro nei limiti di euro 5.164,57 a norma dell’art. 10, D.P.R. 22.12.1986, n. 917.

3. Fino a quando non venga meno la ritenuta INPS ai fini dell’indennità premio di servizio, il contributo per la previdenza integrativa a carico del dipendente di cui al comma 1 lett. a) è assunto a carico dell’Ente datore di lavoro.

4. L’Ente di appartenenza versa al Fondo per il personale aderente, in aggiunta a quanto previsto al comma 1, anche una quota pari al 18 per cento del TFR maturato, calcolato come previsto all’art. 1 – parte A – della presente regolamentazione.

5. I versamenti al Fondo pensione complementare, ivi inclusi quelli aggiuntivi, sono disposti secondo quanto previsto dai rispettivi statuti e accordi istitutivi.

6. Al Fondo sono versate le quote di adesione e di iscrizione secondo quanto previsto dagli organi dello stesso.

7. Con la cessazione dal servizio viene meno il diritto del dipendente all’accredito della contribuzione a Laborfonds sugli emolumenti erogati successivamente alla cessazione, quali arretrati contrattuali, fondo produttività e simili, indipendentemente dal riscatto presso il Fondo della posizione individuale.